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Collegio consultivo tecnico, dalla nomina al valore delle decisioni: istruzioni per l'uso

Una guida allo strumento di risoluzione delle controversie oggetto delle linee guida appena pubblicate dal Mims

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di Roberto Mangani

Con il decreto del 17 gennaio 2022, pubblicato sulla Gu n.55 del 7 marzo 2022, il Mims ha adottato le Linee guida per la definizione del funzionamento del Collegio consultivo tecnico, dando attuazione a quanto previsto dall'articolo 6 del Dl 76/2021 (come modificato dal Dl 108/2021). La disciplina dettata è molto articolata, con previsioni dettagliate su tutti gli aspetti: ambito di applicazione, costituzione e durata, funzioni e competenze, conduzione delle attività, natura delle decisioni, procedimento, rapporto tra Collegio e altri strumenti di risoluzione delle controversie.

Nell'ambito complessivo di tali aspetti vi sono alcuni profili di particolare rilievo che meritano una specifica attenzione.

Ambito di applicazione
Sotto il profilo soggettivo lo strumento deve trovare applicazione da parte di tutte le stazioni appaltanti in senso ampio, cioè tutti i soggetti sottoposti alle norme del Codice dei contratti pubblici, operanti tanto nei settori ordinari che nei settori speciali. Viene peraltro precisato che l'applicazione si estende anche ai soggetti che operano "nell'ambito delle concessioni", il che sembra significare che le funzioni del Collegio dovrebbero trovare spazio anche nell'ambito dei rapporti tra concessionari e appaltatori. Infine, il Collegio deve operare anche per le opere affidate ai commissari straordinari che abbiano assunto la funzione di stazione appaltante.

Sotto il profilo oggettivo, l'applicazione si estende esclusivamente agli appalti di lavori (con esclusione quindi degli appalti di servizi e forniture). In base a questa distinzione, vi rientrano gli appalti relativi a lavori di manutenzione straordinaria ma non quelli dedicati alla manutenzione ordinaria, evidentemente qualificati come appalti di servizi.La costituzione del Collegio deve avvenire anche per gli appalti in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore del DL 76/2020. In questo caso è necessario che stazione appaltante e appaltatore stipulino un atto aggiuntivo al contratto di appalto al fine di individuare la tipologia di questioni da sottoporre al Collegio per le quali accettano che la relativa decisione abbia effetti di lodo contrattuale ai sensi dell'articolo 808 – ter del codice di procedura civile, come tale annullabile solo in presenza di determinate condizioni (vedi appresso).

Collegio obbligatorio e Collegio facoltativo
La costituzione del Collegio è obbligatoria per gli appalti di importo pari o superiore alla soglia comunitaria (come detto, anche se stipulati o comunque in corso di esecuzione – nel caso evidentemente di consegna anticipata in via d'urgenza - prima dell'entrata in vigore del DL 76/2020). È invece facoltativa per gli appalti di importo inferiore a detta soglia. Vi è poi un terza ipotesi, che configura la costituzione del Collegio – anche in questo caso in via facoltativa - in relazione ad una fattispecie del tutto peculiare e in cui la funzione del Collegio assume degli aspetti atipici rispetto a quella sua propria. Si tratta dell'ipotesi in cui il Collegio, in relazione agli appalti di qualsiasi importo, viene costituito nella fase antecedente all'affidamento al fine di fornire alla stazione appaltante consulenza per la risoluzione di problematiche tecniche e giuridiche di ogni natura, comprese le caratteristiche delle opere, le clausole e le condizioni del bando o della lettera di invito, la verifica in ordine al possesso dei requisiti di qualificazione e l'applicazione dei criteri di aggiudicazione. È evidente che in questo caso il Collegio non è lo strumento per la risoluzione di tematiche attinenti l'esecuzione dei lavori, quanto piuttosto un organo di ausilio all'ente appaltante per fornire consulenza sugli aspetti relativi alle procedure di affidamento dei lavori.

Composizione, requisiti, cause di incompatibilità
Questi aspetti sono disciplinati in maniera molto dettagliata - talvolta anche eccessiva - nelle Linee guida. Il Collegio è composto da tre a cinque membri. I componenti sono nominati da ciascuna della parti o di comune accordo ovvero, in caso di mancato accordo, ognuna per quelli (uno o due) di propria spettanza. Ogni parte – quindi stazione appaltante e appaltatore – li sceglie tra il proprio personale dipendente ma anche tra soggetti con cui intrattengono un rapporto di lavoro autonomo o di collaborazione anche continuativa (quindi, si deve ritenere, anche consulenti). Viene specificato che, relativamente alle stazioni appaltanti, la scelta non è soggetta allo svolgimento di procedure a evidenza pubblica, fatto salvo l'obbligo di rispettare il principio di rotazione e la facoltà di istituire elenchi di fiducia che devono però essere aperti all'iscrizione di tutti i potenziali interessati.

Il Presidente viene invece nominato dai restanti componenti del Collegio o, in caso di mancato accordo tra gli stessi, dal Mims per le opere di interesse statale (per quelle in cui lo stesso Mims è finanziatore o stazione appaltante, la nomina avviene sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici). La nomina è invece di competenza delle Regioni, delle Province autonome di Trento e Bolzano e dalle città metropolitane, per le opere di rispettivo interesse.

Molto dettagliata è la disciplina dei requisiti, differenziati per i componenti del Collegio e per il Presidente. In termini generali la scelta deve essere effettuata nell'ambito delle seguenti categorie professionali: ingegneri, architetti, giuristi e economisti. Nell'ambito di queste categorie sono poi definiti requisiti molto puntuali che fanno riferimento alle esperienze pregresse svolte sia per conto delle stazioni appaltanti (incarichi di Rup, di direttore lavori, di collaudatore, di dirigente di strutture interne, etc.) che più in generale nel settore dei lavori pubblici (professori universitari, magistrati ordinari e amministrativi, prefetti, avvocati, etc.).

Questa griglia di requisiti va poi completata con il regime delle incompatibilità. Le relative previsioni appaiono molto stringenti. Per i componenti del Collegio viene previsto che gli stessi:
a) non debbano svolgere e aver svolto per conto della stazione appaltante o dell'appaltatore attività di controllo, verifica, progettazione, approvazione, autorizzazione, vigilanza o direzione sui lavori oggetto di affidamento;
b) non devono avere interesse nel procedimento di esecuzione lavori, direttamente o tramite enti o società di cui siano amministratori o legali rappresentanti;
c) non siano in conflitto di interesse, nel senso indicato dall'articolo 42 del Dlgs 50/2016;
d) non siano in possesso di adeguati requisiti reputazionali o di onorabilità;
e) non abbiano cumulato più di 5 incarichi in contemporanea o 10 negli ultimi due anni né abbiano assolto con ritardo alle loro funzioni in precedenti collegi.

Per il presidente a tutte le ipotesi indicate si aggiunge anche l'aver svolto attività di collaborazione nel campo giuridico, amministrativo ed economico con riferimento ai lavori oggetto di affidamento.

Le cause di incompatibilità sono da un lato molto ampie e dall'altro alquanto generiche. Al di là della ratio che le accompagna – in alcuni casi quanto memo discutibile – il rischio è che il rigoroso rispetto delle stesse renda estremamente difficoltoso e in alcuni casi addirittura impossibile la costituzione del Collegio. Più in generale questo regime di incompatibilità parte dal presupposto che chi a qualunque titolo ha svolto le più svariate attività in relazione ai lavori oggetto di affidamento per ciò stesso non sarebbe nelle condizioni di svolgere adeguatamente il compito di componente del Collegio. Senza tener conto che la funzione del Collegio è quella di risolvere le problematiche relative alla fase esecutiva dei lavori, che certamente non sembra precludere – ma anzi per alcuni aspetti dovrebbe favorire – la partecipazione allo stesso di soggetti che, a diverso titolo, sono stati coinvolti nelle precedenti fasi antecedenti all'esecuzione.

Le funzioni e la natura delle determinazioni
La funzione fondamentale del Collegio è quella di risolvere tutte le controversie e le dispute che possano compromettere o rallentare l'iter realizzativo dell'opera pubblica o comunque influire sulla regolare esecuzione dei lavori. Ovviamente ciò non vale per l'ipotesi in cui il Collegio sia costituito nella fase antecedente all'esecuzione dei lavori, per supportare l'ente appaltante nello svolgimento della procedura di gara.

La funzione del Collegio può trovare poi due diverse declinazioni, a seconda della natura e degli effetti attribuibili alle relative determinazioni. Sotto questo profilo le relative disposizioni si sovrappongono e danno luogo a un quadro non pienamente chiaro. In sede di prima analisi, si possono trarre le seguenti considerazioni. Le parti possono decidere – non esprimendo una chiara volontà in senso contrario – di attribuire alle determinazioni del Collegio natura ed efficacia di lodo arbitrale irrituale ai sensi dell'articolo 808 – ter del codice di procedura civile. Queste determinazioni hanno carattere dispositivo, sono cioè direttamente attributive di diritti e obbligazioni per le parti, fatta salva la facoltà di impugnazione nei casi previsti dalla richiamata disposizione codicistica, e cioè: difetto di nomina, decisione oltre i poteri, violazione delle regole del procedimento.

Qualora invece vi sia l'esplicita manifestazione di volontà delle parti a negare alle determinazioni la natura di lodo arbitrale irrituale, le determinazioni del Collegio hanno natura obbligatoria ma non vincolante (e in alcuni casi facoltativa). Le parti possono quindi discostarsene decidendo quindi di ricorrere all'accordo bonario o agli altri rimedi di risoluzione delle controversie, fermo restando che l'inosservanza delle suddette determinazioni rappresenta indice di responsabilità erariale (per l'ente pubblico) o di inadempimento contrattuale (per l'operatore privato).

Infine, è espressamente previsto che in ogni caso le determinazioni non possono assumere valore di lodo contrattuale irrituale qualora si tratti di decidere sulle ipotesi di sospensione dei lavori dovute all'applicazione di normative penali o europee, da ragioni di ordine o salute pubblica o altre ragioni di interesse pubblico; mentre ciò non vale per le ipotesi di sospensioni legate a ragioni di natura tecnica.