Imprese

Costruzioni, Italia perde posizioni nella Top mondiale dei general contractor

La Top 250 di Enr. Webuild n.2 mondiale nel settore water, Danieli & C al primo posto nell'industrial

di Aldo Norsa e Stefano Vecchiarino

Facendo seguito a quanto già pubblicato il 5 agosto riguardo le International Design Firms, commentiamo la classifica dei Top 250 International Contractors che la rivista statunitense Enr (Engineering News-Record) ha appena diffuso facendo il punto sull'offerta mondiale del mercato delle costruzioni (edili, civili e impiantistiche) nel 2019. Un primo dato da evidenziare è il calo del 2,9% del fatturato internazionale dei maggiori 250 gruppi esportatori (473,1 miliardi di dollari) che interrompe la lenta ripresa degli ultimi due anni (dopo un picco di 544 miliardi registrato nel 2013) al quale corrisponde però un maggior presidio dei rispettivi mercati domestici: il fatturato dichiarato nei propri Paesi d'origine dalle imprese in classifica sale invece del 12,1% toccando i 1.287 miliardi di dollari. Questa riduzione della propensione all'estero si sta accentuando - secondo gli analisti di Enr - in questo annus horribilis di pandemia sanitaria, nel quale la globalizzazione economica conosce una drastica battuta d'arresto.

Per quanto riguarda l'esportazione il 2019 non mostra alcun "ribaltone" né per quanto riguarda i principali mercati di riferimento, che si confermano le infrastrutture di trasporto (31% del fatturato internazionale dei top 250), l'edilizia (26,1%) e l'impiantistica oil&gas (15%), né a livello di aree geografiche: al primo posto ci sono ancora Asia e Australia con il 26,5% (ovviamente con netta prevalenza della prima), seguite da Europa (22,4%) e Medio Oriente (15,1%). Nota dolente - come prevedibile in considerazione della debolezza dei nostri maggiori costruttori - è la prestazione italiana in classifica: i nostri gruppi presenti infatti scendono da 12 a 11 (a causa dell'uscita di Maeg Costruzioni dalla top 250) e nonostante l'Italia si confermi la nazione europea più rappresentata al pari della Spagna.

Italia al decimo posto nel mondo, la Cina si conferma n.1
Il fatturato e la quota internazionale italiana sono in calo (da 16,2 a 14,5 miliardi il primo e da 3,3% a 3,1% la seconda) ma confermano il nostro sistema Paese al decimo posto mondiale dietro a Cina (25,4%), Spagna (14,9%), Francia (9,9%), Germania (6,6%, il cui dato però è "pompato" dall'errata presenza in graduatoria di Hochtief interamente consolidata dal gruppo spagnolo Acs nonché di Ed. Züblin, controllata dall'austriaco Strabag), Usa (5,2%), Corea del Sud (5,2%), Turchia (4,6%), Regno Unito (4,2%) e Giappone (4,1%). Una situazione che risulterebbe migliore se si tenesse conto di tutti i contractor italiani che avrebbero fatturati esteri tali da far parte di questo elenco ma non hanno risposto al questionario di Enr: primo fra tutti il leader nazionale dell'oil&gas Saipem (assente dall'edizione 2017) che con un fatturato all'estero di 9,8 miliardi di dollari si posizionerebbe al 12° posto e da solo farebbe salire l'Italia di tre posizioni. Mancano inoltre grandi imprese di costruzioni attive all'estero quali Astaldi e Trevi, i cui bilanci 2019 sono stati approvati nonostante le crisi aziendali ma anche altre realtà operative con una forte presenza internazionale quali il leader della costruzione in acciaio Cimolai e le imprese civili Italiana Costruzioni e Gcf (Generale Costruzioni Ferroviarie). Nonostante questo quadro d'insieme deficitario l'Italia rivela alcune eccellenze in singoli settori: Danieli & C., leader nell'installazione di impianti siderurgici, balza al primo posto mondiale nell'"industrial", Webuild (già Salini Impregilo) è il secondo gruppo internazionale nel "water", quarto nelle "telecommunications" e quinto nel "sewer/waste" mentre Maire Tecnimont sale al sesto posto nel "petroleum".

Da Acmar a Webuild: le ultime mosse di 16 big nel difficile mercato delle costruzioni

I big italiani presenti nella classifica di Enr
La classifica sui dati 2019 conferma in vetta il gruppo spagnolo Acs (con un fatturato internazionale di 38,9 miliardi di dollari che consolida quelli delle controllate tedesca Hochtief e australiana Cimic), dalla stessa Hochtief (impropriamente in classifica perché il suo fatturato è contato due volte) dal leader europeo delle costruzioni per fatturato (sia estero che domestico) Vinci e dal conglomerato cinese China Communications Construction Group (che ingloba ben 39 società). Il primo contractor italiano si conferma Webuild nonostante perda tre posizioni dalla 16° alla 19° sfiorando i 5 miliardi di dollari di ricavi all'estero. Seguono il big dell'epc Maire Tecnimont (che mantiene la 39° posizione), il leader dell'impiantistica industriale Danieli & C. (che sale di sei posizioni al 52° posto), i gruppi delle costruzioni Pizzarotti (87°), Bonatti (88°), Itinera (che balza dal 149° al 98° posto), Ghella (112°), Sicim (130°), Rizzani de Eccher (131°), Icm (231°) e infine Ansaldo Energia (237°).

Chi sono i 20 big stranieri attivi in Italia
Scorrendo la classifica di Enr risulterebbero 20 i gruppi internazionali che elencano l'Italia tra i Paesi presidiati: gli spagnoli Acs, Acciona, Fcc, Sacyr e Sener, i francesi Vinci, Bouygues, Eiffage e Ingerop, il tedesco Ed. Züblin e la sua controllante austriaca Strabag, il belga Jan De Nul, gli olandesi Van Ooord e Boskalis, gli statunitensi McDermott International e Parsons, l'australiano Lendlease, i cinesi Shenyang Yuanda e Tbea e l'indiano Tata Projects. Dall'osservatorio italiano il panorama è più articolato. Da un lato vi sono alcuni gruppi leader in classifica che hanno una vera e propria filiale nel nostro Paese: Aecom, Jgc Holdings, Lendlease, McDermott International, PowerChina (che controlla la società di ingegneria Geodata), Strabag, Samsung Engineering, TechnipFMC. Per il "coraggio" con cui ha affrontato un mercato difficile come l'italiano si segnala Strabag che fin dal 2008 aveva acquistato (e ridenominato) Adanti ma sta collezionando cattivi risultati: nel bilancio 2019 il fatturato cala del 38,7 percento a 37,5 milioni con una perdita di ben 13,3 milioni. Dall'altro vi sono gruppi che, più prudentemente, corteggiano l'Italia ma con alleanze: in primis Sacyr, che partecipa (dal 2003) al consorzio stabile Sis (guidato dal gruppo Fininc), ma anche gli austriaci Porr e Strabag alleati in diversi lotti della galleria di base ferroviaria del Brennero con Condotte e Itinera il primo, con Webuild, Consorzio Integra e Collini Lavori il secondo, oltre che i francesi Vinci, alleato di Webuild, ed Eiffage, in un'ati guidata da Spie Batignolles con Ghella, Cmc e Cogeis, per due lotti della nuova linea ferroviaria Torino-Lione. Da notare anche, ma rivolta solo all'estero, l'alleanza di lunga data del gruppo spagnolo Acciona con Ghella che ha prima permesso di entrare insieme nei ricchi mercati dell'Australia e della Norvegia e attualmente si cimenta nella gara per la metro di Vancouver (Canada).

L'acquisto di Astaldi da parte di Webuild
Quanto alla "visibilità" del sistema Italia, nell'articolo di commento della rivista americana si segnalano ben tre opinioni espresse a nome di Webuild (più di qualunque altra citazione di gruppi stranieri concorrenti). Il ceo Pietro Salini annuncia l'imminente acquisto di Astaldi e la nascita di un gruppo finalmente forte anche nel proprio (promettente) mercato domestico. Il cfo Massimo Ferrari rassicura che fatturati e margini, intaccati dal temporaneo blocco dei cantieri, non sono persi ma solo rinviati anche in considerazione del dialogo costruttivo in corso con i principali clienti.

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