Personale

Assunzioni nel caos fra criteri di calcolo, esclusioni e mancate deroghe

Regole non chiarissime e interpretazioni contrastanti generano un percorso a ostacoli

di Gianluca Bertagna

Non decolla il nuovo sistema assunzionale dei Comuni previsto dal decreto ministeriale del 17 marzo 2020. Regole non chiarissime e interpretazioni contrastanti generano un percorso a ostacoli che costringe amministratori e operatori a muoversi con estrema cautela, rallentando di fatto l'ampliamento delle assunzioni auspicato dal Dl 34/2019. La stessa Anci, che ha spinto per un regime basato sulla sostenibilità finanziaria, ha di recente avviato un monitoraggio sui Comuni capoluogo per conoscere se ci sono stati più vantaggi o svantaggi con la nuova normativa, evidenziando peraltro la necessità di apportare alcuni correttivi. Tra questi, al momento attuale, solo la possibilità di escludere dal calcolo delle spese di personale quelle relative alle nuove assunzioni espressamente finanziate da normative speciali, prevista all'articolo 57, comma 3-septies, del Dl 104/2020. Tutto questo, però, non basta.

E pensare che la circolare esplicativa, finalmente approdata in Gazzetta Ufficiale l'11 settembre scorso, alla ricerca di certezza dei dati e uniformità di calcolo ha chiesto ai Comuni di utilizzare codici voce ben precisi, facilmente individuabili nei rendiconti depositati presso la Banca Dati delle Amministrazioni Pubbliche. La deliberazione n. 125/2020 della Corte dei conti della Lombardia (si veda Enti locali e edilizia del 6 ottobre), però, ha generato mille dubbi affermando che il nuovo concetto di spesa di personale va in qualche modo armonizzato con le regole precedenti; salvo ritenere, con la successiva deliberazione n. 134/2020 (si veda Enti locali & edilizia del 16 ottobre), che le assunzioni delle categorie protette per la quota d'obbligo non si possano escludere dai nuovi parametri, come invece avviene per il calcolo delle spese di personale di cui ai commi 557 e 562 della legge 296/2006.

Questo basterebbe a stigmatizzare la confusione per la sola partita dei calcoli, ma il rischio «blocco assunzioni» deriva anche dalle incertezze sulle procedure, come dimostra la delicata questione della mobilità. Con il nuovo sistema, infatti, i Comuni escono dall'insieme delle amministrazioni soggette a limitazione sulle assunzioni, non potendosi più connotare come "neutra" la mobilità da questi verso altri enti. Oggi, per un Comune, la mobilità in uscita rappresenta una semplice riduzione della spesa di personale, potenzialmente generatrice di uno spazio da riempire con assunzioni dall'esterno, ad esempio con un concorso o con lo scorrimento di una graduatoria.

Rimane, inoltre, il nodo delle assunzioni già effettuate o comunque avviate entro il 20 aprile, data di entrata in vigore del decreto ministeriale. Anche su questo punto c'è uno "scontro" interpretativo tra la circolare interministeriale – che ritiene che sia sufficiente aver attivato la procedura prevista dall'articolo 34-bis del Dlgs 165/2001 e aver prenotato l'impegno di spesa relativo - e la Corte dei conti. Sul tema è intervenuta la sezione Toscana, che nella deliberazione n. 61/2020 (si veda Enti locali & edilizia del 28 luglio) ha affermato che ogni assunzione successiva al 20 aprile ricade necessariamente nel nuovo regime a nulla servendo l'aver avviato la procedura di mobilità obbligatoria antecedentemente. Probabilmente solo un intervento legislativo potrebbe chiudere la querelle.

A tutto ciò si aggiunge che non è chiaro se anche le Unioni debbano applicare le regole del Dm 17 marzo 2020. Se, infatti, da un punto di vista letterale e di impostazione dell'intero meccanismo si fa esplicitamente riferimento ai soli Comuni (le soglie sono stabilite su nove fasce demografiche e a dire il vero il decreto attuativo all'articolo 5, comma 3, richiama espressamente le «vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa di personale» per le Unioni), nella deliberazione n. 109/2020 la Corte dei conti della Lombardia (si veda Enti locali & edilizia dell'11 settembre) ha invece ritenuto che pure le Unioni rientrino nel nuovo sistema, con la conseguenza che anche su questo aspetto urge un intervento chiarificatore del legislatore, che eviti un ulteriore rallentamento delle assunzioni.

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